venerdì, ottobre 26, 2007

cliccare e leggere






penso che noi tifosi dovremmo organizzare un vaffanculo day anche per quanto riguarda calciopoli...insomma fuori dal palazzo il marcio.
Puzzate di cadavere. Sembrate zombi attaccati alla carogna.
BASTA!
I TIFOSI HANNO IL DIRITTO DI ESSERE RISPETTATI.
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E a questi che gli faranno?Mah!

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mercoledì, ottobre 24, 2007

CHE BELLO SENTIRE IL NOSTRO INNO CANTATO DA LORO

FORZA RAGAZZI!!!
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lunedì, ottobre 15, 2007

ROBERTO DONADONI



Allora, Iaquinta fuori per influenza e tu non convochi nessuno al suo posto.
Oltre che incapace sembra piuttosto che per fare un dispetto a tua moglie te lo taglieresti...
E questo è un tuo grosso limite.
La Scozia non perdona!
Dispiace per Borriello, ma noi genoani non possiamo che tirare un sospiro di sollievo:
domenica c'è la GGiuve dobbiamo giocarcela fino alla fine con tutte le nostre forze.
Bisognerebbe fare come Totti e Nesta: mandarti affanculo!
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sabato, ottobre 13, 2007

FORZA RAGAZZI FATECI SOGNARE!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Grazie a Cesco red and blue per aver realizzato e messo a disposizione per tutti i genoani questo video

stupendo!

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mercoledì, ottobre 10, 2007

I DRUIDI

Disonestà
di Cecco Angiolieri
Quei quattro gatti che mi seguono con una costanza e pervicacia, di cui forse neppure il Barone Leopold von Sacher-Masoch sarebbe capace - e che io sinceramente ringrazio, perché anche se hanno il gusto dell’orrido, vuol dire che mi vogliono bene - conoscono perfettamente l’ineludibile e cupo pessimismo del Cecco-pensiero, che con l’ottimismo e la moderata soddisfazione, proprio non ha nulla a che fare.
Cosicché in questi frangenti di quasi oggettiva euforia non solo non riesco minimamente a cogliere non si dice l’attimo fuggente, ma neppure quello addormentato in poltrona, che da attimo è diventato un pesantissimo e densissimo spazio tempo, più lento del mitico Perdomo, l’unico mediano al mondo che ha giocato ancora imballato nella bolla di melassa, in cui era stato imballato per proteggerlo dal trasporto dal Sudamerica.
E così mentre gli altri esultano, io guardo il tutto stanco, preoccupato e perplesso, con una sorta di rifiuto, di ungarettiana memoria, alla voglia di tuffarmi nel gomitolo di strade, oggi vestite di bandiere, e canti, e clacson rimanendo fermo a cercare di capire dov’è il trucco, com’è che non soffro come al solito, cosa c’è che non va in questo sapore di vittoria, che mi inquieta e mi disorienta.
Quando l’attimo sarà passato e affioreranno le inevitabili difficoltà, segnate da maligni scogli con conseguenti naufragi, allora, sia pur nel dolore, mi ritroverò con me stesso, nel tranquillizzantissimo mugugno, dove ogni disgrazia, sarà finalmente concreta, e soprattutto colpa di qualcuno.
Ma per ora sono disorientato e infastidito profondamente da questa nuova situazione, a dire il vero assolutamente inaspettata
Oh, in realtà mica sono l’unico, anzi, in verità, tutti i Genoani sono così, a incominciare dal mitico Principe, che, per carità, predica benissimo, ma in realtà non esiste nella realtà: invero chi scrive i pezzi del Principe è un mio amico che ha sempre avuto qualche problema con la realtà: ha sempre pensato di incarnare personaggi di pura fantasia: sino a qualche anno fa pensava di essere Capitan America, poi è passato a Silver Surfer ed ora crede di essere un Genoano razionale: forse l’essere più fantastico tra tutti.
In questo scritto di verità e di momento catartico, devo però ricordare qualche Genoano, che magari è esattamente come me, ma forse si vergogna di essere così, o forse non ha l’onestà intellettuale necessaria per riconoscerlo.
Perché negli ultmi due anni ho avuto il piacere di entrare in stadi con strutture così rade e modeste da sentire l’odore di erba del campo di gioco e dietro la rete delle porte, al posto del cemento di una gradinata, il verde di un bosco.
Però la serie C mi ha dolorosamente colpito molto meno delle prese di posizione di alcuni che, nonostante la maniera semplicemente scandalosa con il quale il Genoa è stato linciato prima e condannato poi (e non mi riferisco certo alla sola giustizia sportiva), hanno sostenuto con forza che la punizione inflitta al Grifo era giusta, giustissima, anzi, per la precisazione rappresentava addirittura il minimo della pena, e che la colpa di tutto ciò stava semplicemente nella così definita “infamità” di Preziosi la cui davvero infinita malvagità (o idiozia a seconda dei casi e del comodo) ontologicamente rappresentava la vera ed unica causa di tutti i mali del Grifone.
Sinceramente ai primi tempi ho pensato ad una vera sindrome di Stoccolma, quel meccanismo psicologico che ti fa parteggiare per chi ti opprime, perché una oppressione in qualche modo giustificata può essere meno dolorosa e più accettabile di una oppressione ingiusta o crudele.
Così come ritenevo che l’odio verso il Presidente fosse dovuto anche all’insistenza di voci molto inquietanti sulla sua persona e sul suo patrimonio.
Forse è bene ricordare che a dare ascolto a queste voci, tra l’altro Preziosi avrebbe dovuto fallire da lì a pochi giorni, così come, prima ancora, avrebbe dovuto fallire la sua impresa (ricordate le obbligazioni della Giochi Preziosi?).
E forse è ancora meglio ricordare che non una sola di quelle pessime voci si è rivelata vera, e che Preziosi è stato soggetto ad una vera e propria campagna calunniosa e diffamatoria.
Però, a distanza di due anni dai fatti - e di fronte ad un successo che per la stagione in corso potrà dirsi anche effimero, ma che nel complesso della vicenda si deve considerare come assolutamente netto e confermato – sento, assordante, il totale e assoluto silenzio di quelle persone che, prima, con tanta sicurezza e baldanza indicavano nel Presidente l’origine di tutti i nostri mali.
Sento anche il silenzio di coloro i quali - facendosi intendere come portatori di notizie solo a loro riservate non divulgabili al tifoso qualunque, ma certe e risolutive per i destini ultimi del Genoa - indicavano con indomito coraggio e irriducibile volontà all’intero popolo rossoblù l’unica via di salvezza, e cioè una risoluta e inflessibile contestazione che avrebbe alla fine spezzato le reni all’infame nemico Preziosi, rendendo così il Genoa ai Genoani nel trionfo della verità e della giustizia.
Sento i grevi e pesanti silenzi, così gravi e pesanti, che ho quasi l’impressione che questi fortunatamente pochi tifosi di professione non godano granché delle vittorie rossoblù: sarà certamente una mia impressione, destinata, immagino, a rimanere tale.
Però mi chiedo e se invece della sindrome di Stoccolma fosse stata più prosaicamente solo e semplicemente malafede?
E questa più che una mia impressione, almeno rispetto a qualcuno, è una mia certezza.
Genoa, 8 ottobre 2007 Cecco Angiolieri

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E' esattamente quello che penso anch'io.
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martedì, ottobre 09, 2007

FABER



Ti custodiamo con orgoglio nei nostri cuori rosso blu
ALE' GENOA
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NON È DA GENOANI ESALTARSI OGGI

dal Giornale.it

Non si tratta di essere pessimisti. Si tratta di essere genoani.
E non nel senso che prima o poi la sfiga verrà, piantiamola con 'ste cose.
Nel senso che oggi andare a strombazzare qua e là significa non essere genoani.
Non i genoani di Firenze e dell'Anfield Road, di Pizzighettone e del quarto posto, della fontana di De Ferrari e della Caf.
Ma a Modena, quello striscione Solo chi soffre impara ad amare, noi soffriamo, ti amiamo e con te torneremo grandi era solo un vezzo poetico?
Se quelle parole erano vere (e garantisco per migliaia di genoani che lo erano, anzi, lo sono) perché scaldarsi tanto se ci stiamo preparando alla maturità con l'obiettivo di evitare le angosce da notte prima degli esami?
In fondo questo sta facendo il Genoa. Sta studiando, imparando dagli errori.
Sta mettendo voti alti sul registro, sapendo che ogni tanto qualche cinque si dovrà pur prendere, probabilmente già dalla prossima interrogazione.
Mica siamo secchioncelli perfettini.
Non siamo i primi della classe, e neppure i quinti se è per quello.
Poi, dico la verità, spero di essere smentito a fine campionato, visto che non ci tengo ad iscrivermi al partito sempre troppo affollato di quelli che io l'avevo detto.
Ma esaltarci adesso significa dar ragione a tutti quelli che si stupiscono, dar ragione a chi si sorprende se il Genoa gioca bene, dar ragione a chi ha sempre detto che la serie A è un'altra cosa, dar ragione a chi ripete che il Genoa gioca col cuore e tutti gli altri con la tecnica sopraffina. Se la partita di domenica, o quella di Napoli, o ancora prima quella con l'Udinese fosse accidentalmente andata come quella col Livorno saremmo qui ad ascoltare le solite pappardelle di quelli che sanno tutto di calcio e che, davanti allo stesso Genoa, avrebbero vaticinato tremende sciagure.
Ma appunto, questo ci può stare da parte di chi conosce il Genoa per sentito dire, o per i tre minuti di immagini in tv la domenica sera ogni tanto.
Piuttosto, se un'eccezione si può fare, capisco un ragazzo di diciott'anni che in prima asilo era andato con la maglietta di Skhuravy, fiero di aver battuto la Juve e di essere in Europa, ma che già se l'era sentita menare dal cuginetto che aveva vinto il suo scudetto.
E che da allora non ha mai smesso di sentirsela menare: lui sì, ha ragione.
Oggi, domani e per tre-settimane-tre come minimo, vada a cercare i cuginetti dell'asilo.
Lui ne ha diritto."
Diego Pistacchi - martedì 09 ottobre 2007,07:00 •
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domenica, ottobre 07, 2007

SQUALIFICARE IL CAMPO ALL'INTER!



Con questo striscione vergognoso esposto ieri sera a San Siro gli interisti hanno accolto i tifosi del Napoli.
Anche a casa tutti l'hanno potuto vedere grazie a Sky.
Attendiamo ora giustizia.

LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI... O PER QUASI TUTTI?
vedremo.
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sabato, ottobre 06, 2007

Gasperini, la forza delle idee "Non sono un ayatollah del pallone"


LA REPUBBLICA - IL LAVORO 5-10-2007

di:GESSI ADAMOLI


L´allenatore rossoblù parla della città, della squadra, dei tifosi e ammette: "Le accuse dopo il Milan mi hanno ferito molto"

Il tecnico si confessa: Genova è fantastica, ma deve osare di più

Il parallelo: Torino è più avanti, trasformata come un guanto. Io vivo qui da 15 mesi e Genova mi sembra un po´ incatenata

La delusione: Fossimo stati in Spagna dopo la partita contro la Samp la gente avrebbe sventolato i fazzoletti bianchi per protestare contro il cattivo spettacolo

La critica: Lo scorso anno qualcuno avrebbe voluto la mia testa, ma non Preziosi. Non sono un capopopolo, la fiducia la conquisto sul campo

La tattica: Mi hanno affibbiato l´etichetta di offensivista e non mi dispiace. Ma io non sono un velleitario che insegue l´utopia del bel gioco a ogni costo

Il Ducale, il palazzo della Regione e quello della Borsa

il Carlo Felice: dalla terrazza della redazione di Repubblica, Giampiero Gasperini s´affaccia sul cuore della città. «Genova è bellissima - commenta - A chi come me viene da fuori ma che ormai vive qui da 15 mesi, dà però la sensazione di essere un po´ incatenata. Ha grandi potenzialità, ma non le sfrutta appieno. Certamente ha ampi margini per decollare, probabilmente però i tempi non sono ancora maturi.

Prendiamo il centro storico, dove spesso mi piace andare a passeggiare. Si capisce che molto è stato fatto, ma che molto bisogna ancora fare. In questo senso Torino è più avanti, la zona di Porta Palazzo, quello che noi chiamiamo il Quadrilatero, è stato rivoltato come un guanto. Ora è davvero il cuore pulsante della città e nessuno di Torino avrebbe mai pensato che una zona così degradata potesse compiere una simile trasformazione. Il recupero dei centri storici di tutta Italia deve essere considerata una priorità».

Com´è il rapporto dell´allenatore del Genoa con Genova e i genovesi? «Dal punto di vista calcistico questa è la città che allo stato attuale esprime il maggiore entusiasmo come dimostrano gli oltre 40 mila abbonati complessivi tra le due squadre cittadine.

A fare da traino è stata la promozione del Genoa, a quel punto anche i tifosi della Sampdoria hanno dovuto fare le code ai botteghini. È davvero incredibile che questa città sia rimasta 12 anni senza il derby in serie A.

Togliamo 150 teppisti, il derby a Genova è sempre stato sfottò e coreografie.

È molto diverso da quello di Torino, dove la sfida tra Juve e Toro continua ad essere vista dall´ottica della lotta di classe: il debole contro il forte.

Torino ha avuto emigrazione massiccia, mentre Genova continua ad avere sua identità forte: ci si conosce, si ha senso di appartenenza. Così i rapporti tra tifosi sono molto più semplici. Senza contare che a Torino ci sono certe frange molto pericolose e violente che a Genova non esistono».

Promette già adesso che il derby di ritorno il Genoa lo giocherà con un altro piglio. «Non ho difficoltà ad ammettere che è stato un derby molto brutto.

Fossimo stati in Spagna, la gente sugli spalti avrebbe sventolato i fazzoletti bianchi per protestare contro uno spettacolo che non c´era.

Invece, mi hanno fatto più complimenti quella volta che quando lo scorso anno avevo vinto delle partite per 3 a 2 o 4 a 3...

Sono stato costretto a scegliere di fare quella partita per evitare le ripercussioni che un risultato negativo avrebbe avuto su ambiente e tifosi. Io personalmente non sono uno che cambia il suo parere sulla squadra a seconda del risultato, ma purtroppo non tutti hanno questa serenità di giudizio».Cosa sarebbe successo, allora, se Coppola all´ultimo istante non avesse salvato quella palla sulla linea? «Perché, invece, non ci domandiamo cosa sarebbe successo, se l´arbitro avesse fischiato il rigore su Borriello o se avesse espulso Bellucci?»

Quanto anche la sua società è condizionata dai risultati? «Dico la verità: il presidente Preziosi avrà anche fama di mangiallenatori, però il sottoscritto è messo nelle condizioni di operare con la massima serenità. Con me personalmente ha sempre cercato di essere positivo, indipendentemente dai risultati: anche prima del derby o della partita vinta con l´Udinese. Eppure c´è chi avrebbe voluto la mia testa.

Per esempio lo scorso anno prima della partita di Treviso o prima di quella di Crotone.

La mia credibilità posso dire di essermela guadagnata sul campo, Genova è una piazza che non ti regala niente. E sono perfettamente consapevole che questa fiducia va continuamene alimentata. Io non sono un capopolo, con tutto il rispetto perché bisogna essere bravi per farlo.

Ma anche loro, se non portano i risultati vengono abbandonati dalla gente».

Non ha avuto esitazioni ad affrontare la partita con l´Udinese con una formazione sperimentale. «Era semplicemente quella che, in quella determinata occasione, offriva le garanzie maggiori. Qualcuno mi ha dato del folle. Poi, però, dopo la vittoria ero diventato un grande stratega. In Italia è così: sei un mago se vinci, uno scemo se perdi.

Io però non credo funzioni così, come non penso che sia tutto lecito pur di vincere.

La verità è che la logica del risultato a tutti i costi ha fatto danni pazzeschi. Però io non sono nemmeno il velleitario che insegue l´utopia del bel gioco fine a se stesso, semplicemente sono convinto che giocando bene si hanno più probabilità di vincere una partita. Così mi hanno voluto affibbiare l´etichetta di allenatore offensivista. Ma non la considero un´offesa, tutt´altro».

C´è una qualità che non si può allenare ma che è fondamentale per un calciatore che fa parte di un gruppo: l´intelligenza. «La scelta va fatta a monte, quando il giocatore viene acquistato. Si parla di tecnica, tattica, di capacità atletiche ma il cervello non viene considerato.

Il nostro è un gruppo formato da persone intelligenti e mature, una base importante per poter fare un buon lavoro.

La gestione dello spogliatoio è fondamentale, ci sono particolari quotidiani che non vanno trascurati: serve gente che capisca che si gioca in 11 ma che la rosa della squadra è formata da 22 persone. Con me sanno che non esistono preclusioni. Di Vaio è rimasto fuori due partite, chissà che tra un paio di settimane non torni ad essere l´idolo dei tifosi: il calcio è questo. Importante è che un giocatore si senta coinvolto e che abbia sempre dentro la voglia di dimostrare quello che vale: se subentra l´apatia sei fregato».

Racconta le lacrime di Fabiano quando dopo il riscaldamento e si è dovuto fermare e ha saltato la partita con l´Udinese: «Piangeva, voleva giocare anche zoppo. Sono queste le risposte che vuole un allenatore.

Come anche leggere negli occhi di uno che sta fuori la voglia matta di giocare o la delusione di chi viene sostituito.

Ma sempre con grande educazione e civiltà, perché in un gruppo il rispetto viene prima di tutto».

Ma giustifica anche qualche piccola reazione fuori dalle righe di Leon nel passato: «Lui, si sa, è uno spirito libero...»

E se un colpo di bacchetta magica consentisse di rigiocare la famigerata partita con il Milan?

«Ma la nostra partita non era stata poi così negativa, anzi per mezz´ora era stata buona.

Senza dimenticare che mancavano Marco Rossi e Borriello.

Eravamo una squadra largamente nuova, c´era uno scotto da pagare.

Come dimostrano i due contropiede che abbiamo subito su calci d´angolo a nostro favore.

Ma le critiche sono state eccessive.

E dico la verità: mi hanno ferito».
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martedì, ottobre 02, 2007

CARI DORIANI, LA STORIA SIAMO SOLO NOI






23/09/2007



UNA PICCOLA avvertenza.

Spero che questo articolo sia preso esclusivamente per quello che è e vuole essere: uno sfottò da derby.Nulla di più.

Io sarò felice di leggerne uno simile ma di segno contrario qui a fianco. Perché il derby, prima e dopo, è anche derby di parole. Ed è fatto per gente spiritosa. Se non siete spiritosi, non siete tifosi da derby. In tal caso, per favore, non leggetemi.


Dunque, riecco di fronte a noi la squadra della delegazione, quella che mio nipote chiama il Chievo di Genova. Rieccola con la sua inconfondibile tenuta ciclistica. Che, giustamente, prevede anche una maglia gialla assegnata al numero 1, come si usa, appunto, al Tour de France. Occhio e croce, non mi sembra sia cambiato nulla. Noi, ieri, oggi e domani, siamo di più.

Ma, soprattutto, ci siamo sempre, ovunque e comunque. E loro... Loro, nel confronto, non possono fare a meno di scoprirsi, sistematicamente, meno (meno storia, meno scudetti, meno fascino).

Tutto immutabile.

Vedo, tra l'altro, che non è cambiato nemmeno lo sponsor.

E' sempre quello in forma di acronimo (ERG, Erroneamente ritenuti genovesi, secondo taluni).

Unica possibile novità: il loro presidente vuole riportarli, coerentemente, là da dove vengono. Vuole costruire in delegazione uno stadio tutto per loro, provvisto anche, a quanto pare, coerentemente, di una pista ciclistica tipo il vecchio Carlini.

Con, tutt'attorno, coerentemente, chilometri di piste ciclabili.Della serie: palle lunghe e pedalare… Fa piacere, comunque, ritrovarseli in campo. Mentre fa specie che questo derby sia catalogato per noi come trasferta: in trasferta, semmai, ci sono loro, dalla Sciorba o da Sampierdarena chisseneimporta.

Ma diamogli, tuttavia, il benvenuto nel nostro tempio, dove abbiamo scritto pagine tragiche e gioiose di una storia che, nel bene e nel male, non ha eguali. Saremo, infatti, lieti di mostrare, una volta di più, il grande, inimitabile spettacolo del tifo italiano, quello che si replica all'infinito sul palcoscenico della Gradinata Nord. Dove, di padre in figlio, vengono tramandati ricordi e passioni per noi indelebili e per loro, naturalmente, incomprensibili.

Scrivo naturalmente perché se non hai avuto la fortuna di nascere genoano, non puoi capire.

No, non saprai mai quale privilegio ti sia stato negato.

Viceversa, avrai per tutta la vita la sensazione che nulla, davvero nulla, possa cancellare quel complesso di inferiorità che nessuno di loro, ovviamente, è pronto ad ammettere in pubblico.

Ma che si manifesta in mille modi, dai discorsi nei bar alla campagna acquisti(pardon, prestiti) in società.

Le luci di Marassi saranno accese, come quella volta del Gol. Sì, scrivo Gol con la G maiuscola. Perché parlo del Gol per antonomasia, il Gol di Claudio Branco, l'eterno incubo di ogni ciclista, la più bella cartolina di auguri natalizi mai stampata nella città di Genova, la più brutta mai ricevuta in delegazione.

Saremo in notturna e mentre loro si sentiranno un po' alla Sei giorni noi ricorderemo la nostra vittoria all'Anfield Road e la loro sconfitta a Wembley, con quell'altra formidabile cartolina in cui si vede l'attuale (simpaticissimo, no?) allenatore dell'Inter che esce a testa bassa, piangendo. Non c'è storia, appunto, tra loro e noi.

Ma, ripeto, fa piacere trovarseli nuovamente di fronte.Perché, in fondo, diciamolo, ci sono mancati. Ci è mancato il piacere di guardarsi infaccia, Gradinata a gradinata (una è con la Gmaiuscola, l'altra no), e misurare l'incolmabile differenza. Di qua, alle nostre spalle, i monti, il mio amato Righi, la rocciosa certezza che nasce nel guardare il panorama dall'alto e pensare che la Superba sarà sempre tale, nei secoli dei secoli. Di là, alle loro spalle, il mare.

Dove, come canta un grande, immortale genoano, Fabrizio De André, “adesso veleggia la rumenta”.Appunto…

MASSIMO DONELLI è direttore di Canale 5
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